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Io sono qui per servirti- parte 2

  • Immagine del redattore: Libertine Queen
    Libertine Queen
  • 23 apr 2021
  • Tempo di lettura: 5 min

Fu intenso, rapido e avvolgente, quel senso di libertà e di consapevolezza che la condusse verso un piacere sublime. Decise di andare fino in fondo, di varcare quella soglia, di lasciarsi possedere completamente da quell’uomo, sperimentando quel percorso di cui era solo all’inizio.


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Parte 2

L’abbracciò mentre lo faceva, con tutto l’affetto che provava per lei. Quel gesto, che durò una manciata di interminabili secondi, le causò un principio di soffocamento, lieve e brevissimo, ma in grado di regalarle una inspiegabile sensazione di eccitazione e di appartenenza. Come una sorta di rito di iniziazione, sancì il loro legame di estrema intimità e fiducia, a dimostrazione di una totale e incondizionata sottomissione di lei, e della promessa di eterno possesso da parte di lui. Le concesse di tossire alla fine, di liberarsi sul suo corpo della saliva in eccesso, come a suggellare la sacralità di quel momento.

Le chiese poi di aprire le gambe, di mostrargli la vagina.

Era gonfia, completamente aperta e pronta a ricevere qualunque cosa lui volesse. La toccò con un gesto rapido, quasi indelicato, avvicinando le dita al solo scopo di percepire il frutto della sua eccitazione.

Era completamente bagnata e così scivolosa che le dita penetrarono più del previsto. Lei emise un gemito, accompagnato da un sorriso carico di eros e di appagamento, e dopo aver raccolto i loro umori, ne assaporarono il gusto in un lungo e interminabile bacio. Non curante della passione che lei stava sperimentando in quel bacio, l'afferrò con forza, come fosse una bambola di carne, la mise a cavalcioni e la penetrò con il suo sesso duro come il marmo per tutta la sua lunghezza, senza incontrare resistenza.


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"Resta ferma, immobile", le intimò con tono minaccioso.
Appena udì quelle parole, un irrefrenabile lamento le fuoriuscì dal centro del petto, e con esso un orgasmo incontrollato, violento e diffuso che la paralizzò all'istante.

Sentendosi completamente riempita iniziò d’istinto a muoversi.

"Resta ferma, immobile", le intimò con tono minaccioso.

Appena udì quelle parole, un irrefrenabile lamento le fuoriuscì dal centro del petto, e con esso un orgasmo incontrollato, violento e diffuso che la paralizzò all'istante.

Si strinse a lui con tanto vigore da lasciargli i segni delle unghie sulla schiena. "Stringi più che puoi", le disse, “fammi male”, le sussurrò all’orecchio mentre la vedeva scrollarsi di dosso i suoi tabù, le sue incertezze e quelle false credenze che portava ancora con se, mentre lui, inorgoglito, aspettava con ansia che il dolore si trasformasse in un folgorante brivido di piacere.

Rimasero alcuni minuti l’uno dentro l'altra a contemplare il calore dei loro corpi, il piacere di quell'unione tanto violenta quanto appagante.

"Ora fai di me ciò che vuoi", le bisbigliò all'orecchio, "sono il tuo oggetto mio padrone. Usami!".

Quelle parole provocarono in lui un fremito lungo la schiena, aumentando ancora di più il desiderio di dominarla.


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Lei obbedì fiera del comando ricevuto, passando la lingua sui genitali e più giù, fino a trovare il foro del suo sfintere. Capì che era quello che lui voleva e vi si dedicò con tutta la passione che aveva in corpo.


La prese con decisione spingendola per terra, le spinse la testa sul tappeto costringendola a mettersi carponi. La penetrò con forza da dietro, facendola urlare dal piacere.

La percosse ripetutamente sulle natiche, senza badare all'intensità dei colpi. Tutto avveniva in modo istintivo, animalesco e senza controllo. E quando si accorse che stava per raggiungere un nuovo orgasmo, lui si fermò di colpo e si allontanò, manifestando disinteresse al solo scopo di riaffermare la sua autorità, di sentirla gemere e pregare di ricevere ancora la sua carne.

"Mi stai facendo sudare", le disse con sguardo di rimprovero, "prenditi cura di me ora", continuò lasciandola avvicinare carponi come un cane farebbe col suo padrone. Lei lo raggiunse fissandole il pene, pregustando lo spessore che avrebbe riempito la sua bocca.

"Non lui, lecca giù", la fermò con tono deciso.

"Asciuga il sudore che ho in mezzo alle gambe, con dolcezza e senza fretta".

Lei obbedì fiera del comando ricevuto, passando la lingua sui genitali e più giù, fino a trovare il foro del suo sfintere. Capì che era quello che lui voleva e vi si dedicò con tutta la passione che

aveva in corpo.

Si masturbò facendolo, senza darlo troppo a vedere, come una bambina che gioca col suo giocattolo preferito nonostante gli fosse stato vietato.

Perseverò a lungo nel farlo, muovendo la lingua umida sui piccoli contorni e cercando con dolcezza di infilarla dentro per quanto poteva.

Lui le spinse il viso contro, con un gesto talmente rozzo e maldestro da stridere con la sua grazia, quasi a sottolineare che quello era un lusso che solo lui poteva permettersi.

"Assaggiami", le sussurrò, "voglio che il mio sapore ti resti in bocca per tutto il giorno.

"Si, mio Signore", le rispose trattenendo a stento la foga che metteva nel farlo.

Trovò appena il tempo di chiedergli quale altro compito avrebbe dovuto svolgere, che lui la bendò e le chiese di rimettersi carponi.


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Le intimò di seguirla, di trascinarsi al suo fianco, lentamente e in ginocchio. Pur non vedendo, lei riuscì nell'operazione seguendo i movimenti delle sue gambe, in modo lento e impacciato, fino ad accorgersi di essere giunta nella sala da bagno, proprio davanti al wc.

"Puoi sederti se vuoi", le disse con premura, gratificato per quel nuovo gesto di sottomissione. Lei lo fece, afferrandosi con forza alla seditoia, ma senza rinunciare alla grazia che le apparteneva.

Scese il silenzio tra i due. Lui le era di fronte, in piedi, sperimentando quel senso di potere che solo un momento del genere poteva regalargli.

Lei, bendata e intimorita, aspettava con ansia il prossimo comando.

Respirava a fatica, presa dall'eccitazione e dall'ignoto che la circondava.

Quel silenzio, che lui protrasse oltremodo e con astuzia, era quando di più

erotico e stimolante lei avesse mai provato.

Trascorse un tempo indefinito, quando all'improvviso un getto caldo, prima sottile e poi sempre più abbondante, la raggiunse sui seni. Avvertì un odore inconfondibile, e con esso una sensazione di impotenza mai sperimentata prima. Senza che lui aggiungesse altro, iniziò a cospargerselo addosso, sulla pancia, sul collo, sul viso, ricoprendosi ovunque del suo odore.

Scivolò con le dita giù verso la vagina, dove la maggior parte della sua urina si era raccolta. Si masturbò, prima delicatamente e poi con sempre maggior vigore, fin quando l'ultimo zampillo le sfiorò il clitoride provocandole un orgasmo di una tale intensità da farla gridare come mai era successo, proiettandola finalmente in quella nuova agognata maledetta dimensione.


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Esausta, appagata e frastornata si preparò a svolgere l'ultimo incarico.

Senza che lui proferisse parola, e con gli occhi ancora bendati, scivolò per terra e spalancò la bocca. Lo fece con un'avidità mai sperimentata.

"Apri bene", fu l'ultima parola che udì prima di sentire gli schizzi bollenti del suo seme colpirle la gola, la superficie della lingua e il viso. La imbrattò con il suo sperma dolce e bianco come il latte, facendola sentire ancora una volta completamente sua.

Ingoiò senza esitare, raccogliendo con le dita le gocce sparse che aveva sul viso per assaporarlo ancora, e continuò, finché la pelle non si asciugò del tutto. Chiese di potersi togliere la benda, e nel farlo si accorse che alcuni schizzi avevano colpito il bordo del wc.

Con un gesto che stupì perfino sé stessa, si avvicinò, e con la lingua le ripulì lentamente, una ad una, assicurandosi che lui la guardasse.

Si sentì sporca nel farlo, ma dannatamente eccitata. Lui sorrise, e d’istinto la prese da dietro, sfruttando gli ultimi affondi del pene ancora rigido, al solo scopo di regalarle un ultimo sfinente orgasmo.

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Aprì gli occhi di colpo, come al risveglio da un sogno dannatamente reale, e si guardò intorno per capire dove fosse.

Il frastuono delle cicale aveva ormai lasciato il posto al canto gentile dei grilli, che insieme alla frescura della sera, sembrava aver smorzato l’intensità della sua immaginazione. Sentiva il respiro ancora affannoso e l’inguine completamente inumidito.

Si toccò, rivivendo con incredibile vividezza quelle istantanee ancora impresse nella sua memoria. Fu intenso, rapido e avvolgente, quel senso di libertà e di consapevolezza che la condusse verso un piacere sublime. Decise di andare fino in fondo, di varcare quella soglia, di lasciarsi possedere completamente da quell’uomo, sperimentando quel percorso di cui era solo

all’inizio.

Chiuse il libro, si girò sul fianco immaginando di sentire per un’ultima volta il

peso delle sue mani, e scivolò in un sonno profondo.


 

Daniele

Bali - 2 Agosto 2017

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